to have/have got

To have e to have got si coniugano in modo diverso al presente indicativo:

I have a dream. (Martin Luther King)

I’ve got the power! (Snap)

You have my attention (Copeland)

You’ve got a friend (Carole King)

She has a way (Bobby O, brano disco del 1982)

Britain’s Got Talent (l’apostrofo s sta per Britain has got talent)

We have all the time in the world (Louis Armstrong)

We’ve got tonight (Kenny Rogers & Sheena Easton)

People have the power (Patty Smith)

Guilty feet have got no rhythm (George Michael)

Le due forme si equivalgono, ma quella con got è più comune in uno stile informale. Inoltre, bisogna essere coerenti e adoperare la stessa forma nelle risposte concise:

Does she have any previous experience? – Yes, she does.

Has she got any kids? – Yes, she has.

Errore tipico: Have you got a car? – Yes, I’ve got.

! Non si usa got nelle risposte brevi, pertanto la forma corretta è:

Have you got a car? – Yes, I have. Cfr. Yes, I’ve got a Fiat 500.

Si usa to have got solo per il Simple Present; to have prende gli ausiliari dei verbi ordinari negli altri modi e tempi.

Got può essere usato con to have anche quando è verbo servile e traduce dovere, ma ne parleremo in un post successivo.

Altrimenti, si trova got solo quando to have significa avere, possedere:

I’ve got time / five tattoos / a good idea / problems / a headache

Con pochissime eccezioni, quando non traduce avere, to have si coniuga senza got:

What time do you usually have breakfast? (fare colazione)

He has a shower every day. (docciarsi)

They have a good time when they go to the club. (divertirsi)

Un po’ di shopping?

To go shopping significa andare in giro per negozi, fare acquisti, insomma il vostro fare shopping:

I like going shopping in town on a Saturday afternoon.

! Completamente distinta è la locuzione to do the shopping (da notare non solo il verbo, ma anche l’aggiunta dell’articolo the) che vuol dire fare la spesa:

I hate doing the shopping on Saturdays when the supermarket is crowded.

False friend

I false friends sono parole che, per assonanza o similitudine con quelle italiane, possono trarre in inganno dal momento che hanno significato completamente (o parzialmente) diverso.

Ecco il false friend di oggi:

affluence significa “affluenza”; affluenza si traduce flow, turnout

Pseudoanglicismo

Sono numerosi i vocaboli di uso corrente in italiano, all’apparenza inglesi ma in realtà italianizzati e/o storpiati. Quello di oggi è:

bomber, che in italiano è sinonimo di goleador / cannoniere. Ecco questo è un perfetto esempio di una parola che sembra inglese e appropriata, ancora di più da quando un noto produttore di rasoi ci consiglia di shave like a bomber. In realtà invece, in inglese chi segna tanti gol si chiama striker / goalscorer. Il vocabolo “bomber” esiste da noi, ma con tutt’altro significato: ha l’accezione sia di bombardiere sia di bombarolo, attentatore. Così, in buona sostanza, lo slogan della campagna pubblicitaria predetta pare un invito al consumatore a radersi come lo farebbe un terrorista, magari per evitare lo stereotipo dell’arabo barbuto con il kalashnikov in mano!

Proverbio

! Da noi i proverbi vengono usati meno in quanto spesso ritenuti triti e sintomatici di mancanza di originalità. Detto questo … ecco quello di oggi:

Don’t bite the hand that feeds you – Non sputare nel piatto in cui mangi

Eufemismo

In due post precedenti avevo parlato dell’understatement e di eufemismi, in particolare della parola “ugly” (https://www.ingleseallinclusive.it/simple-present-continued/). Sempre in tema di eufemismi, un modo diffuso di descrivere scarpe altrui che non ci piacciono è sensible shoes. “Sensible” è un false friend che significa sensato, pratico, di buon senso e si può dire sensible shoes per non offendere chi indossa un paio di scarpe che troviamo veramente brutte e fuori moda.

Curiosità linguistico-culturale – una questione di età

Noi anglosassoni cresciamo e invecchiamo più velocemente di voi a giudicare dall’uso corrente dei seguenti vocaboli nelle rispettive lingue:

baby (boy/girl) – neonato/a o poco più; cfr. il prestito linguistico baby in italiano nelle forme “baby pensionato”, “baby gang” o nelle cronache sportive: “gran gol del baby Locatelli” (alla data della partita in questione, Locatelli aveva già compiuto 18 anni).

boy/girl – ragazzo/a sino ai 16 anni più o meno; nei Paesi anglofoni chiamare boy o girl a young man/woman è sconsigliabile e può addirittura sembrare offensivo (paternalistico o maschilista); cfr. l’Italia dove si è ragazzi/e praticamente sino alla vecchiaia! Penso, in questo senso, anche alle italiane attorno ai 30 anni che quasi si offendono se vengono chiamate “signora” anziché “signorina”. Tornerò in un altro post (https://www.ingleseallinclusive.it/present-continuous/) sull’argomento della più precoce maturazione degli anglosassoni.